Torino 17 marzo. Ancora in piazza per Afrin. L’esercito turco sta massacrando la popolazione dell’enclave dove si sperimenta il confederalismo democratico, costruendo una società femminista, ecologista, anticapitalista.
Oggi tre missili hanno distrutto l’ultimo ospedale della città. L’artiglieria ha colpito una colonna di profughi. Le milizie jihaste e le truppe turche fanno pulizia etnica.
L’Europa paga la Turchia perché impedisca a profughi e migranti di lasciare il paese. Di ieri la notizia del versamento di altri 3 miliardi che verranno consegnati al sultano di Ankara.
Ad Afrin la gente muore colpita da armi prodotte in Italia, prodotte a Torino.
Oggi l’appuntamento era in piazza Carlo Felice, di fronte alla stazione di Porta Nuova.
Il presidio si è trasformato in corteo.
I rumori dei bombardamenti e le voci da Afrin sono risuonate per il centro cittadino. I media osservano da settimane la consegna del silenzio.
Il silenzio sui massacri, le bombe, i bambini morti.
In via Roma, nei pressi della sede del quotidiano Repubblica al suono dei bombardamenti molte donne si sono lasciare cadere, per dare voce ai corpi invisibili delle donne curde che resistono e muoiono ad Afrin.
Imponente lo schieramento di polizia: la questura ha blindato la stazione e i negozi del centro.
Il corteo, dopo numerose fermate e interventi si è concluso in piazza Castello.
Forte è risuonato l’appello alla lotta, alla solidarietà, all’azione diretta.
Il governo italiano è complice del massacro.
Rompiamo il silenzio!
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